Perché parlare di estrogeni a proposito di fratture? Perché hanno dimostrato che possono aiutare a prevenirle. Gli estrogeni sono ormoni sessuali che la donna produce naturalmente finché è in età fertile, circolano nel sangue, sono metabolizzati, infine eliminati con l’urina.
Quando si usa il nome generico di estrogeni, in genere si parla dei tre estrogeni umani più noti. Il primo di questi è l’estrone, (classificato come E1), che è meno potente di altri estrogeni e la cui produzione continua anche dopo la menopausa. Abbiamo poi l’estradiolo, (classificato come E2), che è l’estrogeno più attivo e potente circolante nel sangue: la sua produzione si origina dall’ovaio, quindi quando l’ovaio non è più attivo, non ne produciamo più. Infine c’è l’estriolo, (classificato come E3), che è un estrogeno meno potente. Più recentemente ai tre citati si è andato ad aggiungere un altro estrogeno: l’estetrolo, (classificato E4), di produzione fetale, di cui è allo studio l’applicazione in vari campi della terapia in cui gli estrogeni vengono utilizzati.
Con l’inizio della menopausa la donna non produce più estrogeni: per “sostenere” la presenza di estrogeni nel corpo femminile, quindi, è invalso l’uso di far ricorso alla terapia sostitutiva, facendo assumere alla donna la cosiddetta “terapia ormonale”.
Ma quale tipo di estrogeni veniva prescritto in questa terapia? Prevalentemente un estrogeno il cui uso primario però era quello di anticoncezionale, quindi non uno degli estrogeni naturali che abbiamo visto (E1, E2, E3, E4), ma una molecola di sintesi chiamata etimilestradiolo: la molecola di cui si compongono le pillole anticoncezionali, una molecola molto potente capace di inibire la produzione di ormoni sessuali da parte delle ovaie e quindi di controllare l’ovulazione. Spesso in ginecologia accade che la pillola anticoncezionale sia somministrata anche in premenopausa, per regolarizzare il ciclo divenuto irregolare, ma la pillola basata sull’etimilestradiolo non è stata creata per quello scopo, non è stata costruita per essere un sostituto degli estrogeni. Non è quindi corretto usare la pillola anticoncezionale come terapia sostitutiva della menopausa: la si può utilizzare per poco tempo come regolatore, ma non dobbiamo andare avanti nell’uso per troppi anni.
L’altra possibilità era quella di somministrare un insieme di estrogeni non di origine umana, ma equina: il famoso Premarin, un farmaco usato per ridurre gli effetti secondari della menopausa. Qual è il problema? Che essendo di origine animale, conteneva anche molecole che non hanno nulla a che fare con quelle umane. Ecco quindi da cosa nasce la confusione: prima dalla somministrazione, come terapia sostitutiva, di farmaci in realtà nati come anticoncezionali, poi dalla somministrazione, soprattutto negli Stati Uniti, di un farmaco non adatto: quest’ultima scelta provocò tanti tumori, soprattutto uterini. Tutto questo si origina da una sperimentazione, eseguita negli Stati Uniti, non fatta secondo i giusti canoni: i soggetti scelti per quello studio non erano adatti, la popolazione presa in esame non era ben selezionata. I rischi che emersero da quello studio, l’aumento del rischio di tumore e il rischio vascolare sono autentici, ma emerse anche una sicura riduzione del rischio di frattura così come una riduzione del rischio di cancro al colon.
La terapia sostitutiva ormonale è dunque da buttare via? Certo, i rischi ne hanno molto scoraggiato l’uso, ma ne andrebbe invece recuperato il “buono”, magari ricorrendo alla molecola naturale estradiolo e non a una di sintesi nata per un altro utilizzo, o una di natura animale. C’è poi la molecola a cui abbiamo accennato, l’estretolo, prodotta a livello epatico, che sta rivelando aspetti molto interessanti, che potremmo sfruttate in questo campo. Nel futuro quindi potremmo veder cambiare questo panorama, con una terapia di sostituzione ormonale di nuova concezione che, eliminando i rischi evidenziati in passato, possa lasciare solo il “buono”, ossia la riduzione del rischio di frattura.