Tre milioni e mezzo di donne, un milione di uomini, sono queste le cifre delle persone colpite da osteoporosi in Italia. Siamo però di fronte a un momento importante: sono state recentemente pubblicate le Linee guida per la gestione dell’osteoporosi, perché è così importante questo documento? Lo chiediamo alla Professoressa Maria Luisa Brandi, Presidente dell’Osservatorio Fratture da Fragilità.
È un passo fondamentale: tra l’altro l’Italia è il primo Paese al mondo a pubblicare delle Linee guida per la gestione dell’osteoporosi. Questo è il risultato di un grande impegno, durato due anni, da parte di 8 società scientifiche e 16 società di pazienti. Questo documento potrà servire da esempio per gli altri Paesi. L’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato grande lungimiranza: ora abbiamo un Percorso Diagnostico e Assistenziale (PDTA) per aiutare chi ha una frattura da fragilità. Purtroppo, finora chi subisce una frattura da fragilità è stato curato solo per la frattura, ma poi dimesso senza raccomandazioni: sarebbe come dimettere senza raccomandazioni chi ha avuto un infarto. Pensiamo che chi ha subito una frattura, vede aumentare di 5 volte il rischio di fratturarsi di nuovo.
Dobbiamo comprendere meglio le nostre ossa per capire il problema dell’osteoporosi?
L’osso non è un patrimonio stabile e permanente: nel corso della vita, le ossa crescono in altezza e in robustezza. Inoltre, l’osso deve fungere da serbatoio di calcio, che è fondamentale per esempio per il sistema nervoso centrale, per far battere il cuore. Quando ci occorre calcio, lo riassorbiamo dalle ossa, ma grazie a un continuo processo di formazione, il nostro tessuto osseo si mantiene in equilibrio. Il metabolismo osseo è paragonabile a un deposito in banca in cui noi preleviamo quanto depositiamo, ciò funziona finché questo equilibrio non si rompe.
Quali sono le cause dell’indebolimento osseo, quando si rompe questo equilibrio di formazione e assorbimento?
Nella donna dopo la menopausa si consuma più osso di quanto se ne forma, e quindi il conto diventa negativo. L’osteoporosi involutiva (quella postmenopausale e quella senile), è quella numericamente più importante. Ma esistono anche le osteoporosi secondarie, causate da altri fattori, come l’uso di medicinali che determinano perdita di tessuto osseo, immobilità, patologie endocrine: questo tipo di osteoporosi colpisce indipendentemente dal sesso e a ogni età: anche i bambini.
Quindi, quando occorre fare prevenzione?
La prevenzione primaria riguarda sempre tutti: attività fisica regolare, assunzione di calcio sufficiente, esposizione alla luce solare. Ma in certi casi, quando si è a rischio di osteoporosi secondaria, bisogna intervenire intercettando le persone a rischio: il medico curante, con la prevenzione secondaria, deve tenere d’occhio chi (per assunzione di farmaci, familiarità, patologie ecc.) è più a rischio. Dei tre milioni di persone con osteoporosi, un milione circa è di tipo secondario e potrebbe essere intercettata.
Il dolore è rivelatore dell’osteoporosi? Quale dolore ci deve allarmare?
Spesso si dice che l’osteoporosi è silente, ma soprattutto perché non ne riconosciamo i segni. Per esempio, dolori ossei al risveglio che pian piano scompaiono spesso sono dovuti a un eccesso di riassorbimento, che avviene soprattutto di notte. Mentre i dolori articolari aumentano con il movimento, i dolori da osteoporosi con il movimento diminuiscono. Un altro segno rivelatore è l’aumentata curvatura della schiena, oppure la perdita di centimetri in altezza: una diminuzione di 4 centimetri può essere una spia.
Come fare per capire se si ha l’osteoporosi? Quale esame fare?
L’esame che definisce l’osteoporosi è la Densità minerale ossea (che si misura con la Mineralometria ossea computerizzata, o MOC). Esiste la possibilità di controllare periodicamente il metabolismo osseo con semplici esami del sangue, che però non vengono eseguiti routinariamente, come dovrebbero, nelle categorie a rischio. Inoltre, per misurare la qualità dell’osso, oggi abbiamo macchine ultramoderne che ce lo permettono come la TAC ad alta risoluzione (High Resolution CT) che permette di vedere internamente l’osso, come se fosse una biopsia virtuale.
Come agiscono le terapie contro l’osteoporosi?
Abbiamo terapie che riducono il riassorbimento e altre che favoriscono la riformazione. Più recentemente è uscito un nuovo farmaco che unisce entrambe funzioni. Questo farmaco è oggi ammesso nel nostro Paese, ma al momento è in fascia C, quindi non rimborsabile: speriamo che ci siano cambiamenti a breve. Ricordiamo anche che le terapie per l’osteoporosi non devono essere interrotte, per evitare l’effetto rebound, ossia per non peggiorare la situazione.
Quindi, quali consigli dare, in generale?
Alimentazione sana, che ci fornisca il calcio necessario (latticini, acqua, frutta secca, pesce azzurro e via dicendo). Stare all’aperto e, dopo una certa età, ricorrere a supplementi di vitamina D. Fare movimento con costanza, stimolando i muscoli paravartebrali e addominali: basta anche camminare. Considerare i propri fattori di rischio. Per esempio, se abitualmente prendiamo farmaci che hanno un impatto sulle ossa, come il cortisone, l’Agenzia Italiana del Farmaco ci invita a fare prevenzione, assumendo farmaci che ne inibiscano l’effetto negativo sulle ossa.