La fragilità ossea è un problema che riguarda 5 milioni di persone solo in Italia: l’osso, la bioarchitettura più affascinante che esista, è dunque da salvaguardare, per mantenersi in salute e autonomia. Costituite da due tipi di tessuto diverso, l’osso trabecolare e quello compatto, le ossa che compongono lo scheletro si sviluppano nel corso della vita secondo un ritmo che pare quasi miracoloso: prima si accrescono, poi si rimodellano secondo un processo metabolico che siamo in grado di influenzare attraverso i farmaci.
Ospite della trasmissione televisiva di Rai3 Elisir, la Professoressa Brandi, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Fratture da Fragilità, ha affrontato numerosi temi che riguardano la formazione dell’osso, la sua salute, la cura delle sue patologie, le attenzioni da riservare a questo prezioso tessuto che ci sostiene, permette il movimento e protegge i nostri organi più delicati.
- Dottoressa Brandi, quali sono le fasi più delicate per la salute dell’osso?
La premenopausa e la menopausa per le donne, le quali vanno incontro a variazioni ormonali capaci di riflettersi sull’integrità del tessuto osseo. Ma occorre pensare anche alle osteoporosi secondarie, causate da altre patologie, o conseguenti all’uso di farmaci: questo tipo di rischio può riguardare tutte le età. Se la genetica incide molto sulla qualità e qualità dell’osso, esistono però tanti fattori che possono influenzarne la salute: dall’alimentazione, allo stile di vita, all’inquinamento.
- Come si intercettano i sintomi silenti della fragilità ossea?
Occorre prestare attenzione al dolore osseo mattutino, che è diverso dal dolore articolare causato dal movimento durante la giornata. Il dolore mattutino può costituire un campanello di allarme, così come il ridursi della statura: una riduzione di oltre 4 cm è un probabile segno di frattura vertebrale. Inoltre, ovviamente, le fratture causate da urti minori devono spingerci a fare controlli più approfonditi.
- In questi casi, quali esami fare, per accertarsi della salute dell’osso?
La MOC è lo strumento di elezione per definire l’esistenza dell’osteoporosi e andrebbe eseguita da tutti dopo i 65 anni. Oggi esiste anche la microtac, che ci permette di vedere nel dettaglio l’osso internamente: non emette raggi e non è invasiva. Esistono poi esami del sangue che ci consentono di controllare i livelli di calcio e vitamina D, in modo da poter determinare il metabolismo di una persona e se mai intervenire farmacologicamente.
- E se si riscontra la fragilità ossea, cosa possiamo fare?
Abbiamo un armamentario farmacologico fantastico: medicinali che diminuiscono il riassorbimento osseo e altri che aumentano la formazione. Aspettiamo poi a breve un anticorpo monoclonale che funziona da bone builder e sarà capace di diminuire il riassorbimento e contemporaneamente di stimolare la formazione: sarà uno straordinario aiuto per chi è a rischio imminente di fratturarsi, com’è il caso di chi ha già subito una prima frattura da fragilità. Con l’aiuto dei medicinali si può ridurre del 70% la possibilità di fratturarsi di nuovo, ma purtroppo nel nostro Paese in questo campo non abbiamo ancora una continuità assistenziale soddisfacente, cosa che invece si fa con altre patologie.
- Quali consigli possiamo dare?
Prima di tutto attività fisica per tutta la vita: camminare per esempio va bene per tutti e a tutte le età. Poi una regolare esposizione ai raggi solari e, dopo i 65 anni, integrare con supplementazioni di vitamina D. Importante poi l’introduzione di una quantità sufficiente calcio con la dieta: ne occorrono circa 1000 mg al giorno e possiamo trovarli soprattutto in latticini e acqua calcica. Infine, per i già fratturati, è obbligatoria la prevenzione secondaria, ossia l’uso dei farmaci: chi si è già fratturato deve curarsi per evitare nuove fratture.