Ci sono novità per quanto riguarda le tecniche per diagnosticare l’osteoporosi?
Cerchiamo sempre nuove metodiche per riconoscere la malattia e misurare il rischio di fratturarsi. Ricordiamo che ci fratturiamo perché la quantità del minerale e poca e la qualità dell’osso non è sufficientemente forte da permetterci di resistere anche ad urti minori. Ora c’è una nuova tecnologia, una microtac ad alta risoluzione che ci permette di vedere l’osso dall’interno: la possiamo definire una vera e propria biopsia virtuale, una tecnologia molto importante che ci aiuterà molto, insieme alla più tradizionale mineralometria ossea computerizzata (MOC). La microtac ad alta risoluzione ci consente di “entrare” nello scheletro e di poter vedere nel dettaglio dal di dentro la struttura dell’osso, a cominciare da piccoli segmenti ossei, per esempio le falangi. Ricordiamoci che l’osso ha una struttura esterna compatta e una interna trabecolare: la microtac ci consente di vedere come si presenta l’osso compatto, di vedere come si presenta la struttura delle trabecole e se ci sono spazi eccessivi tra le trabecole e l’altra, inoltre come si presentano le superfici di riassorbimento e di neoformazione. Ossia tutto quello che noi chiamiamo una biopsia virtuale.
Quali sono le cure più efficaci per combattere questo deterioramento progressivo?
Abbiamo degli aiuti efficaci, ma in Italia stiamo aspettando un nuovo farmaco, un anticorpo monoclonale che si chiama Romosozumab. Finora avevamo farmaci che inibivano la funzione delle cellule distruttrici, che si chiamano osteoclasti, oppure aumentavano la funzione delle cellule costruttrici, che si chiamano osteoblasti: questo farmaco invece assolve a tutte le due funzioni da solo, tanto che negli Stati Uniti è stato definito bone builder (costruttore di ossa). La sua efficacia è dovuta al fatto che riesce a bloccare la funzione di proteine che si trovano dentro l’osso, gli osteociti, i quali dirigono l’attività delle cellule distruttrici e di quelle costruttrici. La funzione principale degli osteociti è quella di inibire le cellule costruttrici di osso e di stimolare le distruttrici. Questo anticorpo, bloccandoli, ottiene l’effetto opposto: diminuisce la distruzione di osso e aumenta la costruzione.
In commercio poi esistono tanti farmaci efficaci, capaci di prevenire le fratture fino al 70%. Vanno assunti secondo la terapia, che può prevedere anche farmaci in sequenza, prescritti in maniera intelligente. C’è stata recentemente una grande campagna, che continuerà anche nell’autunno, che ci invita proprio a “far vincere le nostre ossa” anche con l’aderenza alla terapia.
Ci può parlate de rapporto tra osteoporosi e menopausa?
La menopausa è un momento di transizione della vita femminile in cui si perde osso perché mancano gli estrogeni, i quali sono inibitori della distruzione ossea: dopo la menopausa quindi tendiamo a distruggere più osso di quanto ne formiamo. Questo problema riguarda la donna: nell’uomo la perdita di osso è molto più graduale, come lo è la perdita della funzione sessuale. La menopausa è un momento negativo per la donna, ma è anche il momento in cui deve scattare il campanello di allarme e si deve cominciare a prendersi cura del proprio scheletro. Gli uomini invece non hanno questo momento di passaggio, così spesso non si prendono cura delle ossa e spesso si accorgono di avere l’osteoporosi quando sono già polifratturati e non hanno mai preso in considerazione la possibilità di soffrire di osteoporosi.
È vero che dopo una frattura da osteoporosi bisogna preoccuparsi che questa non si ripeta perché le conseguenze potrebbero essere ancora più serie?
È vero: una frattura raddoppia il nostro rischio di fratturarsi di nuovo. Dobbiamo quindi “catturare la frattura” questa è come una parola d’ordine a livello internazionale. Per questo quest’anno nella Giornata Mondiale dell’Osteoporosi abbiamo voluto sentire la voce di tutti: pazienti, clinici e Istituzioni in tre videoconferenze on-line, organizzate allo scopo di trovare una linea comune per combattere l’osteoporosi in modo ancora più efficace.