Negli ultimi vent’anni nella comunità scientifica si è affermata l’idea secondo la quale le influenze ambientali della vita intrauterina e il primo periodo post-natale possano incidere sulla salute in età adulta. L’ipotesi è che, in sostanza, alcune malattie croniche non trasmissibili in età adulta possano in qualche modo derivare da un’alterazione avvenuta ancora prima di nascere o nei primissimi mesi di vita.
I primi anni di vita rivestono una grande importanza sulla salute degli individui adulti e influenzano lo sviluppo muscolo-scheletrico: una scarsa crescita nel corso dell’infanzia è spesso associata ad un ridotto contenuto minerale osseo durante il picco di massa ossea in adolescenza e in età adulta, con un conseguente aumento dei rischi di frattura.
A questo proposito, alcuni studi effettuati su madri e figli hanno rivelato particolari fattori che possono condizionare la salute del feto nel corso della gravidanza come la costituzione fisica materna, lo stile di vita adottato dalla madre – in cui spicca l’attività motoria e la dieta – e i livelli di vitamina D.
Occorre rammentare come la gran parte dello sviluppo osseo del feto avvenga durante il terzo trimestre di gravidanza. Nel corso di questo periodo l’assorbimento intestinale di calcio da parte della madre aumenta e un introito troppo basso di questo minerale può costituire un fattore di rischio per le ossa del neonato.
Durante la gestazione quindi lo sviluppo osseo del feto è legato alla dieta materna secondo uno schema piuttosto chiaro: un’alimentazione più salutare è associata a un maggiore sviluppo osseo della prole e il micronutriente più strettamente associato a tale sviluppo durante la gravidanza è la vitamina D.
Un deficit di vitamina D durante la fase gestazionale è però piuttosto comune: uno studio condotto qualche anno fa nel Regno Unito, a Southampton, ha mostrato come nell’ultimo periodo di gravidanza molte donne presentassero concentrazioni insufficienti di 25-idrossivitamina D (la forma più presente dell’ormone di vitamina D in circolo nel nostro organismo). Le basse concentrazioni di 25-idrossivitamina D erano associate ad una riduzione del BMC (il contenuto di massa minerale ossea) e BMD (la densità minerale ossea) in tutto il corpo e in particolare nella colonna lombare nei figli a 9 anni di età.
Nel 2016 sono stati pubblicati i risultati dello studio inglese sulla vitamina D e l’osteoporosi MAVIDOS (UK Maternal Vitamin D Osteoporosis Study) per verificare se i figli di madri che assumevano supplementazione di vitamina D durante la gravidanza presentassero alla nascita una massa ossea superiore. Nonostante non si sia ancora arrivati a risultati definitivi, i risultati suggeriscono potenziali benefici dei trattamenti con vitamina D.