Uno stile di vita impeccabile, a volte, non è sufficiente per impedire una frattura da fragilità e quando questa condizione si presenta è necessario usare tutti gli strumenti a disposizione per evitare la seconda frattura, che per il paziente sarebbe un vero e proprio calvario. È proprio in questo specifico ambito che entra in gioco il concetto di prevenzione secondaria, ovvero tutte quelle strategie volte alla cura ottimale del soggetto, dalla fase chirurgica, fino all’utilizzo di una terapia farmacologica.
Parola alla Professoressa Maria Luisa Brandi, presidente della Fondazione FIRMO (FONDAZIONE ITALIANA RICERCA SULLE MALATTIE DELL’OSSO), per saperne di più. “Quando un soggetto subisce una frattura da fragilità, ad esempio al femore, il primo passo importante è la tempestività dell’intervento. Intervento inteso come trattamento chirurgico di protesizzazione o di altro genere al fine di rimarginare la frattura. Dopo che il paziente è stato operato ed è nella fase riabilitativa, deve iniziare un percorso strategico di terapia farmacologica, volto a scongiurare una seconda frattura.
Tuttavia, nel paziente fratturato, questa medicina farmacologica, non viene così utilizzata come dovrebbe, creando un gap di prevenzione e questo è negativo perché la prima frattura aumenta fino a cinque volte il rischio di averne un’altra. È altresì importante scrivere delle linee guida che permettano a chi poi avrà cura del paziente con frattura da fragilità di usare tutti i mezzi a disposizione, come ad esempio i farmaci anti fratturativi”. Quando ci si riferisce ai farmaci sull’osteoporosi si dice tutto e il contrario di tutto. Per questo, la Professoressa Maria Luisa Brandi, presidente della Fondazione FIRMO, ci spiega con chiarezza il reale utilizzo di questi farmaci. “La gran parte dei farmaci a nostra disposizione fa parte della categoria dei farmaci “anti riassorbitivi”.
Il loro compito è quello di andare a inibire nel metabolismo osseo gli osteoclasti. Tra i vari “anti-riassorbitivi”, è doveroso citare i “bifosfonati” e gli “aminobifosfonati” che possono essere assunti per via endovenosa, intramuscolare e orale. Un’altra tipologia di farmaci usati per trattare l’osteoporosi, sono quei farmaci definiti “osteoformatori”. Agiscono sullo sviluppo della massa ossea e ne rallentano il riassorbimento”. In conclusione la Professoressa Maria Luisa Brandi, presidente della Fondazione FIRMO, pronuncia una frase che ci deve far riflettere. “La frattura del femore dell’anziano è la malattia cronica più prevenibile di tutte le malattie croniche dell’anziano”.
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testo a cura di Paolo Briganti